Quando i numeri sono un’opinione. Dati ufficiali sulla criminalità

Il Ministero degli Interni, che pubblica le statistiche ufficiali riguardanti il numero e il tipo dei reati denunciati nel corso dell’anno precedente, ha anticipato questi dati fornendoli in esclusiva a un quotidiano.

Come sempre accade in questi casi la lettura dei numeri diventa immediatamente politica e quanto più sono dettagliate le tabelle tanto più è possibile privilegiare le interpretazioni a seconda delle idee che si hanno rispetto al fenomeno della “criminalità”. Un termine che comprende al suo interno comportamenti che vanno dal triplice omicidio all’imbrattamento di un edificio pubblico, fatti diversi che vengono messi nello stesso calderone contribuendo al totale generale. In attesa che vengano resi disponibili i dati ufficiali vediamo alcuni di quelli diffusi nelle anticipazioni.

I delitti denunciati nel corso del 2024 dalle forze dell’ordine all’Autorità Giudiziaria sono stati complessivamente 2.380.653. Nel corso di (quasi) venti anni il numero è passato da 2.771.490 del 2006 per poi aumentare fino a 2.892.155 (2013) e poi iniziare a diminuire fino a 1.900.624 (2019).

Osservando il suo andamento complessivo si può affermare che c’è stata una tendenziale diminuzione, anche tenendo conto dell’anomalia dei due anni di COVID. Bisogna sempre tener presente che questo numero è il totale delle denunce e non quello delle condanne che, per ovvie ragioni, è minore. Per cui anche se nel 2024 ci sono state l’1,7% di denunce in più rispetto al 2023 questo non è particolarmente significativo.

Anche senza prendere in considerazione questi numeri, è fin troppo facile constatare che la politica, e tutti i partiti, ritengono la “criminalità” un problema centrale se non addirittura quello principale. Questo è dovuto, in alcuni casi, alla propensione storica di alcune formazioni politiche a propagandare e perseguire una linea basata su “legge e ordine” che costituisce una parte essenziale del loro patrimonio ideologico identitario. In altri casi ci sono partiti, convinti che occuparsi delle questioni della microcriminalità invece che del problema degli affitti sempre più cari paghi maggiormente in termini elettorali.

In soccorso a entrambe queste posizioni ci sono i dati disaggregati delle statistiche. Vale a dire i numeri che si riferiscono alle diverse fattispecie di reati oggetto di denuncia.

Ma, anche in questo caso, la lettura dei dati può essere fatta con diversi tipi di “occhiali”. Facciamo un esempio: nel 2024 le denunce per furto (tutti i tipi) sono aumentate del 3% rispetto al 2023 e hanno costituito il 44% sul totale delle denunce. Guardando però gli stessi dati con degli “occhiali” diversi si scopre che i furti (tutti i tipi) sono diminuiti nel 2024 del 33% rispetto al 2014. Lo stesso discorso vale anche per altri reati; numeri che possono assumere un aspetto preoccupante se guardati da troppo vicino e uno decisamente meno se osservati da lontano.

Un altro esempio lampante è il grande spazio che danno i mezzi di comunicazione di massa ad alcuni fatti di cronaca riguardante gli omicidi volontari, andando a ripescare anche avvenimenti molto distanti nel tempo. I dati confermano, da anni, che l’Italia è uno dei paesi con il numero minore di omicidi volontari in Europa (penultimo posto), un dato che diminuisce di anno in anno: nel decennio 2015-2024 gli omicidi sono passati da 475 a 319. Anche se si analizza il dato distinguendo tra vittime di genere maschile e di genere femminile il risultato non cambia: nel primo caso si è passati da 330 a 206 e nel secondo da 145 a 113.

Ci sono naturalmente anche numeri che mostrano delle chiare tendenze all’aumento. Questo è il caso dell’incremento delle denunce a carico di persone in giovane età, anche minorenni e di stranieri, in entrambi i casi per reati “di strada” o connessi alle sostanze stupefacenti. E su questo ci sarebbe molto da ragionare e da scrivere.

La raccolta e l’elaborazione di questo genere di dati è sicuramente utile a chi vuole studiare il fenomeno della criminalità dal punto di vista sociologico e potrebbe anche servire, in una società che vorrebbe fare a meno del carcere, per provare a capire le motivazioni di chi commette un reato al fine di mettere in atto delle politiche di prevenzione. Invece viviamo in un sistema sociale nel quale questi dati servono quasi esclusivamente alla propaganda, a proporre l’aumento del numero di agenti delle varie forze di polizia, la costruzione di nuove carceri e la richiesta di pene più severe. Ma si può fare anche di peggio, l’attuale Governo ha già introdotto, con il cosiddetto “Decreto Sicurezza” (DL 20/2025) 14 nuovi reati che, inevitabilmente, porteranno nei prossimi anni a un incremento delle denunce che finiranno poi per alimentare campagne di allarme sociale. Da notare infine un piccolo rischio di “corto circuito”: da una parte i partiti al Governo hanno da sempre la tendenza a straparlare di aumento dei reati mentre dall’altra potrebbero, visto che sono al potere da tre anni, intestare alla propria politica nel settore della sicurezza i numeri complessivi che non sono poi così tragici. Siamo convinti che faranno entrambe le cose. Non abbiamo dubbi.

Pepsy

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